Ecco la nostra nuova intervista sullo Smart Working. Questa volta abbiamo incontrato Frans van Rooij e Dideke Ros. Entrambi collaborano con l’olandese Performance Consulting e hanno esperienze in ambito di cambiamento della cultura organizzativa e leadership (temi rilevanti in ottica di implementazione dello Smart Working concept).
Benvenuti su Spremute Digitali. Cosa significa per voi Smart Working?
FvR: Non è possibile dare un’unica risposta alla tua domanda. Dal punto di vista dell’ IT si tratta di raggiungibilità, hardware e software. Per un architetto è logistica, si traduce su come arredare il nuovo concept di ufficio e associarlo all’idea di lavoro flessibile. Quando parliamo di rinnovare una struttura aziendale, siamo soliti parlare delle quattro T:
- Task: di che cosa mi occupo e quali sono i miei risultati (deliverables);
- Team: con chi collaboro;
- Tempo: quando svolgo i task;
- Tecnica: come entro in contatto con le persone del team con cui collaboro.
Se si ha una piena padronanza delle quattro T si è in grado di incrementare il livello e la qualità del lavoro; da qui si crea il Why del "cerchio d’oro" di Simon Sinek. Come puoi vedere, il concetto Smart Working va ben oltre quello di telelavoro e ufficio moderno. A mio parere, alla base dello Smart Working vi è la cultura aziendale e la leadership. In secondo luogo, questi due elementi sono supportati dalla divisione IT e dai worker.
DR: Il nucleo centrale dello Smart Working è l’autodeterminazione. L’introduzione dello Smart Working ha un grande impatto sulle aziende, anche perché i professionisti non sono più automaticamente legati ad un cliente oppure ad un comando. Per questo, a mio avviso, le aziende devono investire di più nel rapporto con i loro dipendenti.
Tuttavia, non tutti accettano lo Smart Working. Secondo Erik Veldhoen, uno dei primi esperti in Olanda, il 75% dei progetti Smart Working fallisce. È vero?
FvR: Purtroppo sì, in realtà arriviamo anche dell’80%. Fallisce il concetto quando manca l’approccio integrato. Se l’azienda si focalizza principalmente o esclusivamente sull’IT e la progettazione dell’’ufficio, il progetto non va a buon fine. Perché? Perché viene a mancare la base: il cambiamento di cultura e leadership.
Quindi, qual è il modo giusto di operare?
FvR: Si parte dal cambiamento della cultura aziendale, anche se questa è la parte più complessa e non garantisce risultati immediati. Successivamente, si passa al coordinamento con il dipartimento IT e alla realizzazione architetturale del nuovo ufficio.
Tuttavia, si riscontra per di più che le aziende partono cambiando l’ufficio e implementando nuovi tool IT. Come mai?
FvR: Succede quando non parliamo di implementazione di Smart Working, ma di riduzione del budget. Si è portati a focalizzarsi sull’IT e sui posti di lavoro perché sono risultati concreti, detti quick wins. Un cambiamento di cultura, invece, non è semplice e non diventa visibile subito e questo è difficile da accettare per le persone che gestiscono il progetto, perché desiderano presentare i risultati del lavoro che stanno svolgendo.
Vi siete specializzati in come gestire cambiamento e sviluppo del managememt e della cultura aziendale. Quanto tempo è necessario affinché si riscontri un effettivo cambiamento?
FvR: Dipende dalla situazione di partenza. In generale, dal momento dell’implementazione del concept passerà un anno affinché i professionisti inizino a collaborare attivamente con il team. In seguito, è necessario un ulteriore anno per rendere maggiormente efficace il processo lavorativo. E infine occorrerà procedere con il cambiamento dell’ufficio da tradizionale a digitale e con l’introduzione dell’IT. Pertanto, in linea di massima, occorrono dai due ai tre anni, ma è possibile anche velocizzare queste tempistiche.
Qual è il principale ostacolo che si incontra nel processo di cambiamento della cultura aziendale?
FvR: Bisogna fare una differenza tra i dipendenti in base alla loro età. Spesso i professionisti di età superiore ai 40 anni desiderano avere uffici propri, di grandi dimensioni e sono maggiormente attaccati all’idea di ufficio tradizionale. Questo rappresenta per loro la realizzazione (accomplishment). Invece, per i più giovani risulta fondamentale la visibilità: si ha bisogno di lavorare in open space in cui nascono opportunità sinergiche.
Come viene gestito un progetto di change management?
FvR: Si discute principalmente con l’azienda quale risultato si intende raggiungere. E distinguiamo poi tre fasi:
- Indirizzare: stabilire quali sono gli obiettivi dell’azienda;
- Arredare: determinare chi svolgerà cosa;
- Eseguire: realizzare del progetto.
È importante che le persone abbiano una chiara idea dei loro ruoli e che collaborino tra di loro. Inoltre, il management deve imparare a delegare.